Come Scegliere i Sughi Pronti


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Qualcuno ci criticherà: ma come? Sapori d’Italia che suggerisce di comprare sughi pronti invece di farseli in casa? Ebbene sì: pur se è vero che un sughetto preparato in casa con ingredienti freschi e del territorio è sempre il massimo, è altrettanto vero che ci sono dei sottovetro molto buoni. E che può valere la pena gustarli soprattutto quando valorizzano materie prime locali che non dappertutto è possibile trovare, come, per fare un esempio assai banale, il pesto con l’autentico basilico genovese.
È sicuramente vero che la sterilizzazione va a danno della qualità aromatica dell’olio extra vergine e che, proprio nel caso del pesto, un qualsiasi basilico crudo è sempre meglio del più pregiato basilico cotto, tuttavia ci sono produttori così bravi da riuscire a mantenere profumi di grande piacevolezza e personalità. I sughi migliori, dal pesto alle ricette tipiche regionali al pomodoro, sono quasi sempre proposti da frantoi e aziende agricole che hanno come prodotto principale l’olio extra vergine d’oliva, pur se c’è qualche vero asso anche in Piemonte, che l’olio non ce l’ha.

Quasi sempre trasparenti  

L’etichetta dei sughi più buoni non presenta difficoltà di lettura ed è il massimo della trasparenza: comprende cibi comuni, non sigle strampalate. Vi troviamo verdure, olio extra vergine d’oliva, carni, pesci, spezie, erbe aromatiche, formaggi… tutta roba che fa parte della nostra spesa quotidiana. Ma è lo stesso per i vasetti industriali che troviamo al supermercato, alcuni strapubblicizzati in tv? Quanto a trasparenza sì: la lista ingredienti è quasi sempre chiara e comprensibile, in gran parte anche in questo caso con roba che fa parte della spesa quotidiana di tutti noi.
Ciò non significa che sia sempre roba buona: gli inghippi ci sono, eccome!, ma basta il normale buon senso per accorgersi quando il produttore fa il furbo.
Purché l’etichetta la leggiamo bene, non solo nei nomi degli ingredienti, ma pure nei numeri.

La ricetta

I sughi pronti industriali si presentano quasi tutti, in etichetta o in pubblicità, come fedeli interpretazioni delle ricette tradizionali: pesto, ragu, arrabbiata, amatriciana, pomodoro e basilico e via dicendo. Ma rispecchiano sul serio la ricetta tradizionale? Sta proprio qui il primo elemento di giudizio: non c’è alcun motivo “tecnico” perché gli ingredienti del sottovetro si discostino da quelli che useremmo a casa nostra: la sterilizzazione garantisce la conservazione anche senza bisogno di aggiunte – additivi o derivati alimentari – che nulla hanno a che vedere con la preparazione casalinga. Sospettiamo che la presenza di queste aggiunte serva solo a far massa per ridurre i costi oppure a coprire difetti qualitativi delle materie prime.    

L’ordine degli ingredienti

Gli ingredienti devono essere messi in ordine decrescente di quantità. Nei sughi pronti che contengono prodotti qualificanti troviamo quasi sempre la percentuale a fianco dell’ingrediente. Questa è molto importante se il sugo contiene carni o pesci che lo caratterizzano, per esempio se un cosiddetto “Ragu classico” contiene solo il 15% di carne bovina abbiamo motivo per dubitare della correttezza del prodotto: il vero ragu dovrebbe contenere la carne in quantità maggioritaria!    

Gli aromi

Nei sughi pronti, anche industriali, la parola “aromi” non è frequente, neppure seguita dall’aggettivo “naturali”. La ritroviamo in poche etichette e, in diversi casi, tra parentesi tra le componenti di un ingrediente particolare (per esempio della salsiccia). Sono più comuni, ed è un buon segno, il termine “spezie” o i nomi dei singoli prodotti aromatici, come diverse erbe, aglio e via dicendo. Ricordiamo comunque che la parola “aromi” in etichetta indica un ingrediente sicuramente naturale solo se seguita proprio dall’aggettivo “naturale”.

Alcune aziende trascurano questo particolare, di solito perché non conoscono le normative, per cui scrivono semplicemente “aromi” anche quando usano solo erbe o spezie, dequalificando il prodotto. Ci dispiace per costoro, ma se l’aggettivo “naturale” non c’è siamo costretti a diffidare. Ciò vale pure se la parola “aromi” è seguita da “di limone”, “di vaniglia”, “di…”, ovvero di qualsivoglia prodotto o sostanza profumati: anche in questi casi l’assenza dell’aggettivo “naturale” fa intendere che il prodotto è sintetico.    

Gli oli

L’elemento numero uno per valutare la qualità di un sugo è l’olio scelto: quelli di miglior qualità contengono esclusivamente olio extra vergine d’oliva. Alcuni, di pregio assai inferiore, contengono “olio d’oliva” (quindi quello non vergine ma rettificato con agenti chimici) o oli di semi, quasi sempre olio di girasole. A parte il pregio molto inferiore, a nostro parere la scelta rasenta l’inganno quando il nome richiama una ricetta (pesto alla genovese, amatriciana, ecc) che pretende, nella versione originale, l’olio da olive. Spesso l’olio extra vergine c’è ma ci sono pure altri oli: anche in questo caso si tratta di sughi di modesta qualità.    

SUGHI: ETICHETTE DA INTERPRETARE

Gli ingredienti base: Può esserci di tutto, dal pomodoro alle verdure, da vari tipi di carne a pesci, da formaggi a frutta secca; è molto importante valutare le proporzioni, quando ci sono, ed è una nota di merito l’eventuale provenienza. Alcuni ingredienti tuttavia, sono una sorta di surrogato per abbassare i costi abbassando la qualità o possono creare problemi.  

Anacardi: frutto secco oleoso di basso costo usato per sostituire i pinoli o diminuirne la dose nel pesto e altri sughi particolari; è, di fatto, un surrogato.  

Porcini: purtroppo vengono quasi sempre, se non sempre, usati funghi d’importazione, che non hanno neanche lontanamente la qualità di quelli italiani, e, soprattutto, sono destinati a sughi e salse gli esemplari meno sani e in gran parte attaccati dalle larve. Ci vuole una gran fiducia nel produttore per essere certi si tratti di un prodotto di qualità.  

Funghi coltivati (Pleurotus ostreatus, Agaricus bisporus): pur se spesso vengono aggiunti come surrogato del porcino, sostituendolo in parte, a nostro parere danno maggiori garanzie sanitarie.  

Tartufi: è rarissimo siano presenti in un prodotto senza che ci sia pure l’aroma sintetico, indicato semplicemente con il termine “aromi” o con “aroma di tartufo”; va rifiutato sia perché tossico sia perché sgradevole.  

L’olio: il sugo di pregio è condito con olio extra vergine d’oliva, gli altri oli, compreso quello semplicemente “di oliva”, denotano un prodotto di minor qualità..  

Correttori di acidità: Poiché il botulino non vive in ambiente acido, spesso le autorità sanitarie cercano di imporre ai produttori di aggiungere acido citrico o lattico. Non ce n’è bisogno se la preparazione è fatta rispettando le norme igieniche e la materia prima è di gran pregio, inoltre il pomodoro o l’aggiunta di succo di limone sono quasi sempre sufficienti.
Acido citrico (E330): non fa male ma banalizza il gusto.
Acido lattico (E270): è anche conservante e non crea problemi.  

Altri additivi: Acido ascorbico (E300): è la vitamina C, utilizzata con funzione di antiossidante; crediamo abbia solo lo scopo di mantenere il colore più vivo; sarebbe meglio non ci fosse. Aroma affumicatura: utilizzato nell’Amatriciana evidentemente per intensificare il sentore della pancetta affumicata; è un prodotto sintetico ed è assurdo non preferirgli una materia prima che abbia già il sapore e profumo corretti; forse è una questione di standardizzazione, ovvero dell’esatto contrario della qualità autentica.
E412 (gomma di guar): addensante naturale, non presenta problemi.
E415 (gomma di xantano): addensante naturale, non presenta problemi.

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